giovedì 5 gennaio 2012

RD. Congo: La comunità internazionale benedice Kabila e aspetta i dividendi

Nessun capo di stato africano tranne Mugabe alla cerimonia d'insediamento. Ma la sua presidenza garantisce gli interessi occidentali

Il 16 dicembre scorso la Corte Suprema di Giustizia ha emesso il verdetto sulle recenti elezioni presidenziali a seguito del ricorso fatto dal candidato indipendente del Sud Kivu, Vital Kamerhe. L'esito delle urne é considerato valido e la vittoria dell'uscente Presidente Joseph Kabila legittima.

Il tentativo di Étienne Tshisekedi di creare un fronte unito dell'opposizione per contrastare le frodi elettorali tramite la creazione di un Governo parallelo, dove Kamerhe risultava Primo Ministro, si é infranto e Tshisekedi ha preferito non aderire al ricorso e appellarsi direttamente ad una mediazione africana.


La strategia di creare una situazione simile al Kenya e allo Zimbabwe é stata distrutta dalla tempestiva mossa del rieletto Joseph Kabila che ha immediatamente allestito la cerimonia dell'investitura alla Presidenza che, normalmente, nei Paesi africani avviene dopo un mese dalla proclamazione dei risultati ufficiali. Joseph Kabila, attraverso la CENI, la Corte Suprema e la rapida investitura a Presidente ha trasformato la sua dubbia vittoria in un dato di fatto.


Il patetico tentativo di Tshisekedi di celebrare a sua volta l'investitura alla Presidenza presso lo stadio di Kinshasa é stato contrastato dalla nutrita presenza della Guardia Presidenzialie, l'unico reparto efficace dell'esercito congolese. Tshisekedi é stato costretto a fare la cerimonia presso la sua residenza, cosa che é apparsa come una farsa agli occhi della popolazione.


Il rischio della ripresa del conflitto é stato allontanato e la possibilità di una ripresa delle manifestazioni in piazza è minima. La maggior parte della popolazione preferisce estraniarsi dal partecipare alla battaglia politica, consapevole che la propria priorità é quella di "portare da mangiare alla famiglia".
La comunità internazionale sembra aver deciso di non andare oltre alla denuncia di frodi elettorali, accettando l'investitura alla Presidenza di Kabila, stando attenta a non compromettersi troppo.


Alla cerimonia di investitura di Kabila l'unico Presidente africano presente è stato Robert Mugabe, dello Zimbabwe. Denis Sassou Nguesso, Presidente del Congo Brazzaville, Paul Kagame del Rwanda, Yoweri Museveni dell' Uganda e Eduardo Dos Santos dell'Angola erano assenti. Sud Africa e Burundi hanno inviato dei Ministri di secondo ordine. Nessun diplomatico occidentale ha presenziato alla cerimonia.


L'atteggiamento della comunità internazionale potrebbe essere interpretato come un'indicazione che si preferisce il proseguimento, anche se dubbia la legittimità della rielezione, del Governo Kabila piuttosto che affrontare pericolosi cambiamenti con Governi potenzialmente ostili. Il secondo mandato di Joseph Kabila molto facilmente assicurerà la continuazione del saccheggio delle risorse naturali da parte delle potenze internazionali e regionali, il saccheggio dei fondi pubblici da parte della famiglia Kabila e del suo entourage, portando al punto di non ritorno l'attuale regime che é diventato a tutti gli effetti 'piú Mobutista di http://en.wikipedia.org/wiki/Mobutu...Mobutu', superando il Re dello Zaire in corruzione, cupidigia, svendita dello Stato, rinuncia della sovranità nazionale. 


Kabila tenterà di portare a termine le grandi opere nazionali (infrastrutture, sanità, educazione, sistema idrico, elettricità, edilizia popolare ed occupazione), iniziate in pompa magna nel 2006 e naufragate in un mare di corruzione e sprechi di fondi pubblici.


Il tasso di crescita economica, dopo il gran boom del 2010 (dove si passò dal misero 2,8% del 2009 al record del 7,2%) é diminuito al 6,5% nel 2011 e nel 2012 la crescita economica continuerà a diminuire attestandosi al 6%.


Previsioni economiche, queste, in netto contrasto con le proiezioni di crescita della produzione di materie prime come il rame, il cobalto, lo zinco, l'oro e la prospettiva di iniziare l'estrazione dei grandi giacimenti di petrolio nel Lago Alberto e nella Cuvette Centrale, e di gas naturale nel Lago Kivu. Le proiezioni di crescita di produzione di minerali e idrocarburi favoriranno le multinazionali straniere, i Paesi confinanti (in prima linea Uganda e Rwanda) e i politici fedeli a Kabila che aumenteranno a dismisura le loro ricchezze personali. L'unico escluso sarà il Paese, ormai fantasma che sembra rimanere unito artificialmente per volontà esplicita di Stati Uniti, Francia, Inghilterra.


Abbandonata la guerra fredda tra anglofonia e francofonia per il controllo delle risorse naturali in Africa, Europa e Stati Uniti sembrano ora avere delle convergenze di interessi che li spingono a formare un blocco anti-Cinese. Il Congo di Kabila sta assicurando gli interessi Occidentali e delle potenze regionali, il Presidente, per non avere problemi dalla comunità internazionale, dovrà solo fare attenzione a non spingere troppo nell'apertura alla Cina, che nel 2007 aveva tentato una penetrazione di massa ai danni delle multinazionali Occidentali attraverso il piano "miniere in cambio di infrastrutture", mettendo a disposizione un finanziamento di 6 miliardi di dollari Americani. Sotto pressione indiretta di Europa, USA e Banca Mondiale -utilizzando la ribellione del Generale Laurent Nkunda scoppiata all'est del Paese- Kabila rivide il contratto nel 2009.


Questo equilibrio di interessi internazionali e regionali si basa sul principio di legalizzare la rapina delle materie prime dove la classe dirigente prende la sua parte. Di fatto il degrado, la perdita di sovranità nazionale e della sovranità finanziaria -in Congo ormai si usa il Dollaro americano come in Liberia-, il declino economico, la corruzione amministrativa e l'assenza di un esercito sono ingredienti esplosivi. Il Paese, invece di rafforzare l'unitá nazionale, corre il rischio di intraprendere un processo irreversibile di balcanizzazione. I Governatori delle varie Provincie si stanno già comportando come dei piccoli Presidenti. L'applicazione molto parziale delle leggi del Governo Centrale, e la fedeltà al Presidente Kabila sono solo di facciata. Le ricche Provincie del Katanga e del Bas-Congo sono in un latente stato di ribellione. I loro Governatori stanno facendo forti pressioni a Kinshasa affinché rispetti la clausola costituzionale introdotta nel 2005 e mai applicata, che prevede la gestione locale del 40% delle tasse governative provenienti dalle attività minerarie e petrolifere.


Le forze centrifughe interne attualmente esistenti non stanno rafforzando l'unità del Paese. Se a queste ci si aggiungono i Paesi confinanti che hanno esigenze di espandere gli attuali confini della Conferenza di Berlino per ragioni economiche o di crescita esponenziale della popolazione (primi tra tutti Angola, Uganda e Rwanda), senza la riorganizzazione dell'amministrazione, dello Stato di Diritto e dell'esercito, la balcanizzazione del Paese potrebbe essere solo questione di tempo.

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