venerdì 28 gennaio 2011

Fotografie della protesta din Egitto 2011 – Fotografias da protesta em Egipto 2011

Il Cairo, il venerdì della collera

Le immagini degli scontri nelle strade de Il Cairo. Morti e feriti nella giornata che l'opposizione ha definito "il venerdì della collera"

Il Cairo, il venerdì della collera

Il Cairo, il venerdì della collera

Il Cairo, il venerdì della collera

Il Cairo, il venerdì della collera

Il Cairo, il venerdì della collera

Il Cairo, il venerdì della collera

Il Cairo, il venerdì della collera

mercoledì 19 gennaio 2011

Usa, bambini poveri “segregati” nelle scuole del Nord Carolina

Nel distretto di Wake County, dopo anni di politica di integrazione razziale e sociale, il nuovo consiglio scolastico con maggioranza di Repubblicani e Tea Party cambia linea: gli alunni saranno obbligati a frequentare l'istituto più vicino a casa, così i ragazzi dei quartieri più disagiati non si mischieranno con quelli delle famiglie ricche

Stop alla politica di integrazione degli alunni in un distretto scolastico del Nord Carolina. A favore di una linea che mira a concentrare i bambini poveri tutti assieme per non ‘contaminare’ quelli ricchi. Lo ha deciso il consiglio di amministrazione di un istituto di Wake County, diventato a maggioranza repubblicana, con l’appoggio dal Tea Party.

Il distretto scolastico di Wake County, nel Nord Carolina, negli ultimi dieci anni si era distinto la sua eccellenza e per la sua politica a supporto dell’integrazione razziale e sociale. Grazie a un servizio bus gratuito, infatti, gli studenti potevano frequentare scuole pubbliche distanti dal proprio quartiere, allontanandosi così, in molti casi, da situazioni di estrema povertà ed entrando in contatto con coetanei appartenenti a ceti sociali diversi e, spesso, a etnie diverse.

Questo fino a qualche mese fa, quando il nuovo consiglio, guidato dai repubblicani col supporto del Tea Party, ha votato per l’abolizione del servizio bus. E ha iniziato a perseguire una politica diversa da quella adottata finora. Il risultato è la ricollocazione degli studenti nelle diverse scuole, sulla base di un principio di vicinanza: gli alunni d’ora in poi dovranno frequentare l’istituto più vicino alla propria residenza e, dunque, raggiungibile a piedi. La conseguenza inevitabile sarà la concentrazione degli studenti poveri in singoli plessi scolastici, in quella che, gli oppositori al provvedimento, definiscono una sorta di “segregazione”. Sin dal primo momento, infatti, la votazione ha innescato una serie di proteste che sono diventate sempre più forti, tanto da far intervenire il Segretario dell’Educazione, Arne Duncan. In una lettera al Washington Post, Duncan ricorda che “la forza dell’America è sempre stata il risultato della sua diversità, perciò è preoccupante vedere il consiglio scolastico di Wake County, nel Nord Carolina, fare dei passi per cambiare la politica di salvaguardia della diversità nelle sue scuole”.

Allo stesso tempo, l’Ufficio per i Diritti Civili dell’agenzia federale per l’educazione ha avviato un’indagine per appurare se, alla base di suddetta decisione, ci siano elementi discriminanti, come lamentato dall’associazione Naacp (National association for the advancement of colored people) e da altri gruppi. Anche AdvancEd, un’agenzia nazionale che si occupa di seguire e investigare i cambiamenti nel sistema scolastico, è in polemica con il consiglio di Wake County che, a sua volta, lamenta un’eccessiva intrusione dell’agenzia nella valutazione delle motivazioni che hanno portato alla decisione.

“Invito rispettosamente – scrive Duncan  – i consigli scolastici di tutto il paese a riflettere attentamente sulle conseguenze prima di prendere decisioni di questo tipo. Questo non è il momento per fare passi indietro”. La politica di integrazione del distretto di Wake County, negli ultimi anni era stata supportata sia dai Democratici che dai Repubblicani e aveva ottenuto ottimi risultati, ricevendo anche riconoscimenti a livello nazionale per l’ottimo livello delle scuole e per il grado di integrazione sociale raggiunto fra gli scolari. Circa 140mila di loro, infatti, ogni mattina erano trasportati dal bus pubblico negli istituti di riferimento, dove si incontravano e si confrontavano con coetanei, che altrimenti avrebbero avuto difficoltà a conoscere. La politica scolastica aveva favorito, dunque, l’integrazione in una contea dove il 72% della popolazione è bianca, il 20% afro-americana, solo il 9% latina e circa il 10% vive al di sotto della soglia di povertà.

di di Angela Vitaliano/ilfattoquotidiano.it

ISTAT: Un giovane su 5 non studia e non lavora - l'Italia ha il primato negativo nella Ue

Il rapporto "Noi Italia" evidenzia inoltre che quasi la metà delle donne (48,9%) non ha un'occupazione e non la cerca, un dato che posiziona il nostro Paese al secondo posto in Europa. In termini di reddito, la povertà relativa interessa quasi l'11% delle famiglie, soprattutto al Sud, dove il sommerso tocca ancora quote rilevanti. In positivo, tasso di imprenditorialità tre volte superiore alla media Ue

Un giovane su 5 non studia e non lavora l'Italia ha il primato negativo nella Ue

ROMA - In Italia un giovane su cinque non studia né lavora: i ragazzi "non più inseriti in un percorso scolastico-formativo, ma neppure impegnati in un'attività lavorativa, sono poco più di due milioni, il 21,2% tra i 15-29enni (anno 2009), la quota più elevata a livello europeo". E' quanto emerge dal rapporto dell'Istat 'Noi Italia' 1. Un altro dato che salta agli occhi è che quasi una donna su due non ha un'occupazione e neppure la cerca: il tasso di inattività femminile italiano nel 2009 (48,9%) è così il secondo più alto dell'Ue a 27, inferiore solo a quello di Malta. Un Paese, il nostro, che tra l'altro è secondo solo alla Germania in termini di anzianità, con evidenti ricadute sulla spesa sociale.
Il rapporto, che l'Istituto di statistica propone per il secondo anno consecutivo, elabora oltre 100 statistiche tra aspetti demografici ed economici, culturali e sociali nel tentativo di scattare una fotografia di come cambia l'Italia. La base di partenza sono i numeri prodotti nell'ultimo Annuario statistico italiano, ma alcuni elementi chiave vengono messi a confronto con gli altri Paesi europei, dando un quadro d'insieme anche delle differenze regionali che lo caratterizzano.
Ecco alcune delle statistiche più significative contenute nel dossier.
Reddito e povertà
In termini di reddito, il dossier Istat rileva come nel 2009 il 10,8% delle famiglie residenti viva in condizioni
di povertà relativa: in cifre, 7,8 milioni di individui, il 13,1% della popolazione residente. "La povertà assoluta - aggiunge l'Istituto - coinvolge il 4,7% delle famiglie, per un totale di 3,1 milioni di individui". Non sorprende che la povertà colpisca soprattutto l'Italia meridionale e insulare, "con valori di incidenza più che doppi rispetto alla media nazionale. Nel Mezzogiorno le famiglie in povertà relativa sono il 22,7% di quelle residenti (contro il 4,9 del Nord e il 5,9 del Centro) e quelle in povertà assoluta ne rappresentano il 7,7% (contro il 3,6 e il 2,7 rispettivamente)". Nel 2008, circa il 61% delle famiglie residenti in Italia ha conseguito un reddito netto inferiore a quello medio (29.606 euro, circa 2.467 euro al mese).
Lavoro, disoccupazione e sommerso
"Circa il 45% dei disoccupati è in cerca di lavoro da oltre un anno", una tra le quote di disoccupazione di lunga durata (44,4%) più alte nell'Unione europea a 27, con riferimento a dati del 2009.
Ma la foto più inquietante riguarda il mondo giovanile: l'Italia è prima in Europa per numero di ragazzi che abbandonano gli studi e non lavorano dai 15 ai 30 anni. Il dossier Istat rileva che "il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è pari al 25,4%, in aumento di oltre quattro punti" rispetto al 2008 "e superiore a quello medio dell'unione (19,8%)". Per quanto riguarda la fascia di età 15-64 anni, "è occupato il 57,5% della popolazione".
Quanto al lavoro femminile, i livelli dell'occupazione nazionale restano ben al di sotto delle medie europee. "Permangono notevoli le differenze di genere - rileva l'Istat - Le donne occupate sono il 46,4%, gli uomini il 68,6%. Nel 2009 il tasso di occupazione è diminuito di 1,2 punti percentuali rispetto al 2008 dopo un lungo periodo di crescita, tornando ai livelli del 2005".
Ci sono poi i dati sul lavoro nero. Con riferimento alla situazione nel 2008, "la quota di unità di lavoro irregolari è pari all'11,9%. Nel Mezzogiorno può essere considerato irregolare quasi un lavoratore su cinque; nell'agricoltura circa uno su quattro". La quota del sommerso si mantiene così ai livelli del 2007, in lieve calo rispetto al biennio 2005-2006. La Regione con la percentuale più alta è la Calabria (26,6%), mentre quella con la  più bassa è l'Emilia Romagna (8,5%).
Immigrazione
Oltre ai dati sulla disoccupazione giovanile e femminile, spiccano quelli sull'immigrazione. "I cittadini stranieri iscritti nelle anagrafi dei Comuni italiani all'inizio del 2010 sono oltre 4,2 milioni, il 7% del totale dei residenti. Rispetto al 2001 sono più che triplicati, mentre sono aumentati dell'8,8% tra il 2009 e il 2010, un ritmo di crescita meno sostenuto rispetto agli anni passati. L'incremento si riduce in conseguenza di diversi fattori: la crisi economica, l'attenuarsi dell'effetto congiunto dell'ingresso della Romania e della Bulgaria nell'Unione europea e l'entrata in vigore della nuova normativa sul soggiorno dei cittadini comunitari nei Paesi dell'Unione".
Imprenditorialità
A fronte dei livelli di occupazione giovanile e maschile sotto la media europea, ecco un'Italia che si erge quasi del triplo rispetto al riferimento comunitario. E' quella dell'imprenditorialità. In Italia si contano quasi 66 imprese ogni mille abitanti, valore tra i più elevati d'Europa, con il prevalere delle imprese di ridotte dimensioni (anno 2008). Il tasso di imprenditorialità - calcolato come rapporto tra numero di lavoratori indipendenti e totale dei lavoratori delle imprese - è pari al 31,3%, valore quasi triplo rispetto alla media europea. La dimensione media delle imprese italiane - circa 4 addetti per impresa - nell'Ue a 27 è invece superiore soltanto a quella di Portogallo e Grecia.
Demografia
Con una densità media di circa 200 abitanti per chilometro quadrato, l'Italia è tra i paesi più densamente popolati dell'Unione (media Ue 27, circa 114 abitanti per km quadrato).

Ma è un'Italia sempre più anziana. Rileva l'Istat che al primo gennaio 2010 per 100 giovani ci sono 144 anziani, dato che in Europa pone il nostro Paese dietro alla sola Germania quanto a indice di vecchiaia. Dal dossier emerge che la regione più anziana è la Liguria, la più giovane la Campania. La vita media degli italiani è di oltre 84,1 anni per le donne e di quasi 78,9 anni per gli uomini, "ai primi posti nell'Unione europea", con un incremento tra 2001 e 2009 di quasi 2 anni per gli uomini e di 1,3 anni per le donne. La speranza di vita alla nascita in Italia è maggiore nelle Marche (79,8) per gli uomini e in Trentino Alto Adige per le donne (85,3).
Vista dalla prospettiva dei giovanissimi, ci si può parzialmente consolare con il dato sull'aumento degli asili nido: nel 2008, il 51% dei comuni italiani ha attivato almeno un servizio tra asili nido, micronidi o altri servizi integrativi-innovativi per l'infanzia, il 12,6% in più rispetto al 2004. Trend da cui sono però escluse molte regioni del Mezzogiorno, con conseguente ricaduta sulla "conciliazione degli impegni casa-lavoro" e in termini di "accesso delle donne al mercato del lavoro".
Welfare
I dati occupazionali e demografici spiegano probabilmente perché la spesa per l'assistenza sociale, soprattutto a livello comunale, assorba in Italia quasi il 30% del Pil, con un ammontare per abitante superiore ai 7.500 euro annui (anno 2009), ben al di sopra della media dell'Unione. In valore assoluto, la spesa sociale dei comuni ammonta a 6,6 miliardi di euro e il valore medio per abitante è pari a 110,7 euro (anno 2008). La spesa per prestazioni sociali è pari al 17,3% del Pil e corrisponde a un importo pro capite di 4.544 euro (anno 2008). Nell'Italia settentrionale si concentra la quota maggiore sia della spesa per prestazioni sociali (50,5%), sia delle entrate contributive (56,3%). Nel complesso sono state erogate 23,8 milioni di pensioni, per una spesa pari a 241.109 milioni di euro, il 15,4% del Pil (anno 2008).
Cultura
Rispecchiando anche certe scelte dell'esecutivo, le abitudini culturali degli italiani sembrano lo specchio di un Paese che si confronta con la crisi senza puntare molto sul valore del sapere. In Italia ogni anno vengono stampate in media 3,6 copie di opere librarie per ogni abitante, ma nell'arco di un anno meno del 47 per cento degli italiani legge almeno un libro nel tempo libero. Poco più di un italiano su due (55 per cento) legge un quotidiano almeno una volta a settimana, uno su cinque utilizza Internet per leggere online o scaricare da Internet giornali, news o riviste.
In generale, le famiglie italiane destinano ai consumi culturali (spese per ricreazione e cultura) in media il 6,8 per cento della spesa complessiva per consumi finali (anno 2008). La quota è leggermente diminuita rispetto all'anno precedente, quando l'Italia si collocava al quintultimo posto nell'Ue27. Ammontano a 362 mila le unità di lavoro impiegate in attività di produzione di beni e servizi per la ricreazione e la cultura, al netto del settore editoriale (circa l'1,5 per cento del totale).
Turismo
Buoni i dati Istat sulle tendenze relative al turismo, una delle voci più importanti dell'economia italiana. Nel 2009, in Italia si contano 111.391 esercizi extra-alberghieri e 33.967 alberghi. Rispetto all'anno precedente, i primi risultano in aumento del 5 per cento, mentre i secondi si sono lievemente ridotti (-0,5 per cento). Nel 2008, nel complesso degli esercizi ricettivi operanti sul territorio italiano si sono registrati circa 96 milioni di arrivi con quasi 374 milioni di presenze. Il periodo medio di permanenza nelle strutture ricettive è di 3,9 notti, valore rimasto invariato rispetto all'anno precedente e sostanzialmente stabile sia per gli italiani, sia per gli stranieri. Nel 2009, si legge nel rapporto, sono circa 115 milioni i viaggi con pernottamento effettuati dai residenti per motivi di vacanza e di lavoro, sia in Italia sia all'estero, per un totale di oltre 680 milioni di notti. La durata media dei soggiorni per vacanza è di 6 notti, quella dei soggiorni per lavoro è di 2,8 notti.

Con Repubblica

martedì 11 gennaio 2011

Calvizie, speranze per la cura tutto dipende dalle staminali "dormienti"

Uno studio sul Journal of Clinical Investigation svela il segreto dell'alopecia androgenetica, la forma più comune di perdita dei capelli. Dipende da un problema di attivazione delle cellule staminali presenti nei follicoli piliferi che, restando "spente", non riescono a fabbricare il capello

Calvizie, speranze per la cura tutto dipende dalle staminali "dormienti"

ROMA - Svelato il segreto della calvizie. La colpa sarebbe tutta di un difetto nel funzionamento delle cellule del follicolo pilifero. In particolare, secondo uno studio americano pubblicato sul Journal of Clinical Investigation1, in chi è affetto da alopecia androgenetica, ossia dalla forma più diffusa di calvizie, le cellule staminali dei follicoli sparsi sul capo,  invece che essere operative, sono come spente, "addormentate". Secondo i ricercatori dell'Università della Pennsylvania di Philadelphia, non è una questione di numeri, ma di attività: all'interno dei  follicoli "inattivi" le cellule staminali non riescono a trasformarsi in cellule più mature, le cosiddette progenitrici.
George Cotsarelis e colleghi per arrivare a queste conclusioni hanno analizzato i campioni di cuoio capelluto calvo e non calvo estratto da 54 uomini tra i 40 e 65 anni. Dal confronto è emerso che le cellule progenitrici sono risultate nettamente impoverite nei follicoli del cuoio capelluto calvo rispetto ai campioni di tessuto non calvo. I ricercatori hanno concluso che la calvizie deriva quindi da un problema a livello di attivazione delle cellule staminali, piuttosto che dal numero di staminali presenti nei follicoli.
"Con nostra sorpresa - dice Cotsarelis - abbiamo capito che il numero di cellule staminali è lo stesso sia nel cuoio capelluto calvo che in altre zone, ma c'è invece una differenza nella consistenza di un tipo specifico di cellule, le progenitrici. Ciò vuol dire che esiste un problema di attivazione a livello di cellule staminali, quando si deve avviare la conversione in progenitrici nel cuoio capelluto calvo. Tuttavia, il fatto che ci sia un numero normale di cellule staminali anche nel cuoio capelluto calvo ci dà speranza che sia possibile 'riattivarle' e individuare nuovi trattamenti contro l'alopecia".
Cotsarelis già in passato ha pubblicato sulla rivista americana Nature Biotechnology un lavoro in cui dimostrava che le cellule staminali sono un potenziale antidoto alle calvizie. Il ricercatore le aveva trapiantate nei topi e su questi il pelo era ricresciuto folto. L'idea quindi, secondo lo studioso, potrebbe essere di trovare composti che risveglino l'attività delle staminali, da usare per creare lozioni anticaduta. Solo in Italia la calvizie riguarda undici milioni di persone, principalmente maschi. Nel 10% dei casi è precoce e arriva già a vent'anni, ma generalmente colpisce a partire dai quaranta anni.