lunedì 28 marzo 2011

Una nuova operazione coloniale contro la Libia

Dopo aver bloccato con un veto solitario una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu che condannava l’espansionismo coloniale di Israele nella Palestina occupata, ora gli Usa si atteggiano di nuovo a interpreti e campioni della «comunità internazionale». Hanno convocato il Consiglio di sicurezza, ma non per condannare l’intervento delle truppe saudite in Bahrein ma per esigere e infine imporre il varo della «no-fly zone» e di altre misure di guerra contro la Libia.

Peraltro, alcune misure di guerra erano state già intraprese unilateralmente da Washington e da alcuni dei suoi alleati: lo dimostrano l’addensarsi della flotta militare statunitense al largo delle coste libiche e il ricorso al classico strumento colonialista della politica delle cannoniere. Ma Obama non si era fermato qui: più volte nei giorni scorsi aveva intimato minacciosamente a Gheddafi di abbandonare il potere; aveva fatto appello all’esercito libico a inscenare un colpo di Stato. Ma l’aspetto più grave è un altro. Assieme a Gran Bretagna e Francia, gli Usa hanno da un pezzo sguinzagliato i loro agenti per porre i funzionari libici dinanzi a un dilemma: o passare dalla parte dei ribelli oppure essere deferiti alla Corte penale internazionale e trascorrere il resto della loro vita in galera, in quanto responsabili di «crimini contro l’umanità».

Al fine di coprire la ripresa delle più infami pratiche colonialiste, si è scatenato il consueto, gigantesco apparato multimediale di manipolazione e disinformazione. E, tuttavia, basta leggere con un minimo di attenzione la stessa stampa borghese per accorgersi dell’inganno. Giorno dopo giorno si è ripetuto che gli aerei di Gheddafi bombardavano la popolazione civile. Ma ecco cosa scriveva Guido Ruotolo su «La Stampa» del 1 marzo (p. 6): «E’ vero, probabilmente non c’è stato nessun bombardamento». La situazione è radicalmente cambiata nei giorni successivi? Sul «Corriere della Sera» del 18 marzo (p. 3) Lorenzo Cremonesi riferisce da Tobruk: «E come è già avvenuto nelle altre località dove è intervenuta l’aviazione, sono stati per lo pù raid di avvertimento. “Volevano spaventare. Tanto rumore e nessun danno”, ci ha detto per telefono uno dei portavoce del governo provvisorio». Dunque, sono gli stessi rivoltosi a smentire il «genocidio» e i «massacri» invocati come giustificazione dell’intervento «umanitario».

A proposito di rivoltosi. Giorno dopo giorno vengono celebrati quali campioni della democrazia nella sua purezza, ma ecco in che termini la loro ritirata dinanzi alla controffensiva dell’esercito libico è stata raccontata da Lorenzo Cremonesi sul «Corriere della Sera» del 12 marzo (p. 13): «Nella confusione generale anche episodi di saccheggio. Quello più visibile nell’albergo El Fadeel, dove hanno portato via televisioni, coperte, materassi e trasformato le cucine in pattumiere, i corridoi in bivacchi sporchi». Non sembra essere il comportamento proprio di un movimento di liberazione! Il meno che si possa dire è che la visione manichea dello scontro in Libia non ha alcun fondamento.

Ancora. Giorno dopo giorno vengono denunciate le «atrocità» della repressione in Libia. E ora leggiamo quello che sull’«International Herald Tribune» scrive, a proposito del Bahrein, Nicholas D. Kristof: «Nelle scorse settimane ho visto cadaveri di manifestanti, colpiti a breve distanza con colpi d’arma da fuoco, ho visto una ragazza contorcersi per il dolore dopo essere stata bastonata, ho visto il personale di ambulanze picchiato per aver tentato di salvare manifestanti» E ancora: «Un video dal Bahrein sembra mostrare forze di sicurezza che a pochi metri di distanza colpiscono al petto con un candelotto lacrimogeno un uomo di mezza età e disarmato. L’uomo cade a terra e cerca di rialzarsi. Ed ecco allora che lo colpiscono con un candelotto alla testa». Se tutto questo non bastasse, si tenga presente che «negli ultimi giorni le cose vanno molto peggio». Prima ancora che nella repressione, la violenza si esprime già nella vita quotidiana: la maggioranza sciita è costretta a subire un regime di «apartheid».

A rafforzare l’apparato di repressione provvedono «mercenari stranieri» e «carri armati, armi e gas lacrimogeni» statunitensi. Decisivo è il ruolo degli Usa, come chiarsice il giornalista dell’«International Herald Tribune», riferendo di un episodio che è di per sé illuminante: «Alcune settimane fa il mio collega del “New York Times” Michael Slackman fu catturato dalle forze di sicurezza del Bahrein. Egli mi ha raccontato che esse puntarono le armi contro di lui. Temendo che stessero per sparare, egli tirò fuori il passaporto e gridò che era un giornalista americano. A partire da quel momento l’umore cambiò in modo improvviso; il leader del gruppo si avvicinò e prese la mano di Slackman, esclamando con calore: “Non si preoccupi! Noi amiamo gli americani!”».

In effetti in Bahrein è di stanza la Quinta flotta Usa: Non c’è neppure bisogno di dire che essa ha il compito di difendere o imporre la democrazia: ovviamente, non in Bahrein e neppure nello Yemen, ma soltanto … in Libia e nei paesi di volta in volta presi di mira da Washington.
Per ripugnante che sia l’ipocrisia dell’imperialismo, essa non è un motivo sufficiente per passare sotto silenzio le responsabilità di Gheddafi. Se anche storicamente ha avuto il merito di aver spazzato via il dominio coloniale e le basi militari che pesavano sulla Libia, egli non ha saputo costruire un gruppo dirigente sufficientemente largo. Per di più, ha utilizzato i profitti petroliferi per inseguire improbabili progetti «internazionalisti» all’insegna del «Libro verde», piuttosto che per sviluppare un’economia nazionale, moderna e indipendente. E così è stata persa un’occasione d’oro per mettere fine alla struttura tribale della Libia e al dualismo di vecchia data tra Tripolitania e Cirenaica e per contrapporre una solida struttura economico-sociale alle rinnovate manovre e pressioni dell’imperialismo.
E, tuttavia, da un lato abbiamo un leader del Terzo Mondo che in modo rozzo, confuso, contraddittorio e bizzarro persegue una linea di indipendenza nazionale; dall’altro un leader che a Washington esprime in modo elegante, levigato e sofisticato le ragioni del neo-colonialismo e dell’imperialismo: ebbene, solo chi è sordo alla causa dell’emancipazione dei popoli e della democrazia nei rapporti internazionali, oppure solo chi si lascia guidare dall’estetismo piuttosto che dal ragionamento politico può schierarsi con Obama (e Cameron e Sarkozy)!

Ma poi è realmente elegante e fine Obama che, pur insignito del premio Nobel per la pace, neppure per un attimo prende in considerazione la saggia proposta dei paesi latino-americani, l’invito cioè da Chavez ed altri rivolto alle parti in lotta in Libia perché compiano uno sforzo per la composizione pacifica del conflitto e per la salvezza e l’integrità territoriale del paese? Subito dopo il voto all’Onu, andando oltre la risoluzione appena votata, il presidente Usa ha lanciato un ultimatum a Gheddafi e ha preteso di lanciarlo in nome della «comunità internazionale». Da sempre l’ideologia dominante rivela il suo razzismo identificando l’umanità con l’Occidente; ma questa volta dalla «comunità internazionale» sono esclusi non solo i due paesi più popolosi del mondo, ma persino un paese-chiave dell’Unione europea. Attegiandosi a interprete della «comunità internazionale», Obama ha mostrato un’arroganza razzista persino peggiore di quella di cui davano prova nel passato coloro che schiavizzavano i suoi antenati.

E’ elegante e fine Cameron che, per sconfiggere l’opposizione interna alla guerra, ripete ossessivamente che essa risponde agli «interessi nazionali» della Gran Bretagna, come se non fossero già chiari gli appetiti per il petrolio libico? Chi non sa che questi appetiti sono diventati ancora più voraci, una volta che la tragedia del Giappone ha gettato un’ombra pesante sull’energia nucleare?

E che dire poi di Sarkozy? Sui giornali si può leggere tranquillamente che egli, oltre che al petrolio, pensa alle elezioni: quanti libici il presidente francese ha bisogno di ammazzare per far dimenticare i suoi scandali e le sue gaffes e assicurarsi così la rielezione?

I giornalisti e gli intellettuali di corte amano dipingere un Gheddafi isolato e incalzato da un popolo coralmente unito, ma chi ha seguito gli avvenimenti non ha avuto difficoltà a rendersi conto del carattere grottesco di questa rappresentazione. Il recente voto al Consiglio di sicurezza ha smascherato un’altra manipolazione, quella che favoleggia di una «comunità internazionale» unita nella lotta contro la barbarie. In realtà, si sono astenuti, esprimendo forti riserve, Cina, Russia, Brasile, India e Germania! I primi due paesi non sono andati oltre l‘astensione e non hanno posto il veto per una serie di ragioni: intanto, non bisogna perdere di vista il fatto che tuttora non è facile e può comportare problemi di vario genere sfidare la superpotenza solitaria. Ma, ovviamente, non si tratta solo di questo: Cina e Russia hanno ottenuto in cambio la rinuncia all’invio di truppe di terra (e di occupazione coloniale); hanno evitato interventi militari unilaterali di Washington e dei suoi più stretti alleati, come quelli messi in atto contro la Jugoslavia nel 1999 e nell’Irak nel 2003; hanno cercato di contenere le manovre dei circoli più aggressivi dell’imperialismo che vorrebbero delegittimare l’Onu e mettere al suo posto la Nato e l’«Alleanza delle democrazie»; per di più si è aperta una contraddizione nell’ambito dell’imperialismo occidentale guidato dagli Usa, come dimostra il voto della Germania.

Con riferimento in particolare a un paese come la Cina diretto da un partito comunista, va osservato che il compromesso che esso ha ritenuto di accettaree non vincola in alcun modo i popoli del mondo. Come ai suoi tempi ha spiegato Mao Zedong, una cosa sono le esigenze di politica internazionale e i compromessi propri di paesi di orientamento socialista o progressista, altra cosa è invece la linea politica di popoli, classi sociali e partiti politici che non hanno conquistato il potere e non sono quindi impegnati nella costruzione di una nuova società. Una cosa è chiara: l’aggressione che si prepara contro la Libia rende più che mai urgente il rilancio della lotta contro la guerra e l’imperialismo.

18 marzo 2011
Domenico Losurdo: Una nuova operazione coloniale contro la Libia
di Domenico Losurdo

domenica 27 marzo 2011

Libia/Crisi: La prima grande guerra del XXI secolo è iniziata, di Gerald Celente

È un brutto film di fantascienza scritto da politici scienziati pazzi.
Esattamente otto anni dopo il giorno in cui il presidente George W. Bush ha portato l’America e la sua “coalizione dei volenterosi” in guerra contro l’Irak, il presidente Barack Obama ha portato l’America e la sua “ampia coalizione” in guerra contro la Libia.
E proprio come il mondo è stato venduto ad una “coalizione dei volenterosi” che consisteva predominantemente in un’effimera alleanza di persuasi e costretti, la presunta “ampia” coalizione di Obama consiste principalmente nei due compagni di guerra dell’America, il Regno Unito e la Francia.
Solo in un pazzo film di fantascienza un presidente potrebbe impegnarsi a perpetrare due guerre ingiuste, immorali, interminabili e costose iniziate da un suo predecessore, nonché a portare il proprio paese in un conflitto altrettanto ingiusto, immorale, costoso e con tutta probabilità, interminabile … e aspettandosi un lieto fine!
Otto anni di guerra in Irak ed undici in Afghanistan non hanno risolto niente e sono serviti solo ad accendere sentimenti antiamericani in tutto il mondo, a dare fondo alle casse degli USA, ad uccidere e ferire centinaia di migliaia, se non milioni, di persone innocenti, e a distruggere le vite, gli arti e gli animi di migliaia di truppe americane.
Facendo cilecca sul campo di battaglia, gli scienziati pazzi politici sono tornati in campo. A dispetto dei soli fallimenti, il presidente Obama ha deciso, unilateralmente, di sprecare ancora più uomini e denaro americani per una guerra contro la Libia, promettendo che questa volta non farà cilecca.
In quella che potrebbe essere la ricerca di collaboratori per un pazzo film di fantascienza con tre scagnozzi come protagonisti, il nuovo decisore-capo d’America combatte al sicuro nella Sala Ovale, mentre le sue controparti francesi e inglesi, altrettanto prive di cicatrici di battaglia e con lo stesso coraggio da polli, ovvero Nicolas “Sarko l’Americano” Sarkozy e David (Eton/Oxford, che altro?) Cameron conducono l’attacco dalla lussuosa distanza del Palais de l’Elysée e del numero 10 di Downing Street.
Avendo accuratamente predetto, fin dal principio, che le guerre contro l’Afghanistan e l’Irak sarebbero state dei fallimenti, prediciamo adesso che il conflitto con la Libia non solo sarà un altro insuccesso, ma che potrebbe avere implicazioni globali più gravi. Gheddafi si piegherà senza combattere? Oppure, di fronte alla sconfitta e alla morte certa, colpirà Londra, Parigi o New York con armi biologiche, una bomba sporca o con altre tattiche?
Escludendo un attacco terroristico come peggior scenario, persino se l’ “ampia coalizione” sconfiggesse ed uccidesse Qaddaifi, non costituirà una vittoria più di quanto uccidere Saddam Hussein e sconfiggere i Talebani abbia portato la vittoria all’Irak e all’Afghanistan.
Se ci sentiamo come se il mondo girasse all’impazzata fuori controllo, è perché sta succedendo proprio questo… a velocità di rotta di collo! Solo negli ultimi pochi mesi, è scoppiata una rivoluzione nell’intero Medio Oriente e in Nordafrica. Appena la scorsa settimana un gigantesco sisma, uno tsunami, e un meltdown nucleare hanno messo in ginocchio il Giappone. E una guerra (comunque la si voglia definire; es. “crisi umanitaria” o “rispondere alla richiesta di aiuto di un popolo minacciato”) è stata dichiarata contro la Libia.
La tendenza verso la “prima grande guerra del XXI secolo” sta accelerando. Gli eventi si stanno susseguendo così rapidamente che è quasi impossibile per noi compilare, assorbire, analizzare, e distillare la mole di informazioni nel nostro Trend Alerts prima che venga eclissato da una cascata di nuovi eventi.
È nell’edizione di primavera del nostro Trends Journal, la cui pubblicazione è prevista per la metà di aprile, dove certo compileremo, assorbiremo, analizzeremo e distilleremo la mole di informazioni.
Questa edizione rappresenta un episodio cruciale della “storia del futuro” – un crescendo colpo dopo colpo verso la guerra, piuttosto che il blaterare della copertura mediatica dei media tradizionali. Intenti a tifare la loro squadra, persino a questo stadio, incapaci di riconoscere che la partita finisce con la prima grande guerra del XXI secolo.

Gerald Celente è fondatore e direttore del The Trends Research Institute, è autore di Trends 2000 e Trend Tracking (Warner Books), nonché editore del The Trends Journal. Prevede le tendenze dal 1980 e ha recentemente scritto“The Collapse of ’09”.
Fonte: www.lewrockwell.com/
Link: http://www.lewrockwell.com/celente/celente65.1.html
22.03.2011

lunedì 21 marzo 2011

HAARP uma arma che provoca terremoti: fantasia o realtà?

La tecnologia è come un paio di scarpe magiche ai piedi di una bambola meccanica dell’umanità. Dopo che la molla è stata caricata dagli interessi commerciali, la gente può solamente danzare, volteggiando vorticosamente al ritmo che le scarpe stesse hanno stabilito». Queste efficaci parole sono tratte dal libro: «Guerra senza limiti», scritto da due colonnelli dell’aeronautica Cinese, Qiao Liang e Wang Xiansui.
Nel testo i due militari cinesi esaminano l’impatto delle nuove tecnologie sul pensiero strategico, sul terrorismo e su tutto ciò che concerne la guerra in questo XXI secolo.

Essi accennano due volte alla possibilità che un Paese possa scatenare artificialmente le forze della Natura, usandole come «armi non tradizionali» per mettere in ginocchio il nemico. Per esempio sconvolgendo il clima e il regime delle piogge. Tutto ciò sembra fantascienza, ma Qiao e Wang hanno forse ragione nell’includere la «guerra ecologica» tra le 24 forme di conflitto da essi elencate.

Ebbene il 15 gennaio 2003, il sito della «Prava» ha ospitato un inquietante articolo, scritto dal deputato ucraino Yuri Solomatin, in cui si esprime preoccupazione per gli esperimenti condotti dagli americani in Alaska, dove dal 1994 si sta portando avanti il programma HAARP, High Frequency Active Auroral Research Program, cioè «programma di ricerca attiva aurorale con alta frequenza». In pratica, una selva di enormi antenne eretta nel bel mezzo della foresta boreale nordamericana. Solomatin ha voluto richiamare l’attenzione dell’Ucraina su un problema già sollevato dai Russi.

Quelle antenne sono forse il prototipo di un’arma «geofisica» americana, capace di condizionare il clima di continenti alterando con microonde la temperatura o l’umidità? Il deputato ucraino dà credito al sospetto che i disastri naturali intensificatisi ultimamente siano da imputare ai sempre più assidui test del sistema HAARP.
Anche in Germania, le inondazioni dello scorso anno sono sembrate a qualcuno troppo disastrose. Così due giornalisti tedeschi, Grazyna Fosar e Franz Bludorf, hanno vagheggiato in un loro articolo, pubblicato sul numero 120 del bimestrale «Raum und Zeif», che i cicloni e gli allagamenti che hanno piegato l’Europa Centrale possano essere legati all’HAARP.

La Russia aveva dato l’allarme come riporta l’agenzia Interfax dell’8 agosto 2002, ben 90 parlamentari della Duma di Mosca avevano firmato un appello indirizzato all’ONU in cui si chiedeva la messa al bando di questi esperimenti elettromagnetici. Un mese più tardi erano saliti a 220 i deputati russi a favore dell’appello. D’altronde vi era stato un rapporto della Duma che accusava esplicitamente l’America. Parole schiette e scomode: «Sotto il programma HAARP, gli USA stanno creando nuove armi geofisiche integrali, che possono influenzare gli elementi naturali con onde radio ad alta frequenza. Il significato di questo salto qualitativo è comparabile al passaggio dall’arma bianca alle armi da fuoco, o dalle armi convenzionali a quelle nucleari».

Il sito ufficiale http://www.haarp.alaska.edu/ ci presenta un’innocente stazione scientifica dove gli scienziati sondano via radio quelle regioni dell’alta atmosfera preannuncianti lo spazio esterno, cioè la ionosfera e la magnetosfera. I titoli dei paragrafi esplicativi del sito sono peraltro scritti a mo’ di domande («Cos’è HAARP?», «Perché è coinvolto il Dipartimento della Difesa?», ecc.) Nel paragrafo titolato «HAARP è unico?», ci si affretta a precisare che anche altre nazioni studiano la ionosfera, come la stessa Russia o i Paesi europei (più il Giappone) del consorzio EISCAT, anche se le loro apparecchiature, site a Tromsoe in Norvegia, sono dei radar «incoerenti».

Ma veniamo ai dettagli. Presso Gakona, circa 200 km a Nord-Est del Golfo del Principe Guglielmo, un terreno di proprietà del Dipartimento della Difesa USA fu scelto il 18 ottobre 1993 da funzionari dell’Air Force e a partire dall’anno seguente venne disseminato di piloni d’alluminio alti 22 metri, il cui numero è cresciuto di anno in anno fino ad arrivare a 180. Ognuno di questi piloni porta doppie antenne a dipoli incrociati, una coppia per la «banda bassa» da 2.8 a 7 MegaHerz e l’altra per la «banda alta» da 7 fino 10 MegaHerz.

Tali antenne sono capaci di trasmettere onde ad alta frequenza fino a quote di 350Km, grazie alla loro grande potenza. A pieno regime, l’impianto richiede 3.6 MegaWatt (la potenza di 100 automobili), assicurati da 6 generatori azionati da altrettanti motori diesel da 3600 cavalli l’uno. Scopo ufficiale di queste installazioni è studiare la ionosfera per migliorare le telecomunicazioni. Come si sa, questo strato è composto da materia rarefatta allo stato di plasma, cioè di particelle cariche (ioni), e ha la proprietà di riflettere verso terra le onde hertziane, in particolare nelle ore notturne. E’ per questo, ad esempio, che di notte ci è possibile ascoltare alla radio le stazioni AM di molti Paesi stranieri, dato che la riflessione ionosferica permette ai segnali di scavalcare la curvatura terrestre.

Guerre di radioonde

Secondo lo stesso principio è plausibile che le irradiazioni delle antenne HAARP possano rimbalzare fino a colpire gli strati bassi dell’atmosfera sopra un Paese distante migliaia di chilometri. Ed interferire quindi con i fenomeni meteorologici. Certamente si tratta di mere ipotesi. Comunque, un uso militare dell’HAARP è ammesso dalla Federazione Scienziati Americani. Un uso, tuttavia, non distruttivo, ma solo di ricognizione. Modulando i segnali in frequenze bassissime, cioè onde ELF o VLF, si potrebbe «vedere ciò che succede nel sottosuolo, individuando bunker, silos di missili, e altre installazioni sotterranee di Stati avversi. Al di là di ciò, la «guerra ecologica» appare terribilmente possibile da oltre vent’anni.

Già nel 1976 l’Enciclopedia Militare Sovietica ventilava il rischio che gli Stati Uniti, per via elettromagnetica o per via astronautica, potessero modificare il clima dell’Eurasia lacerando lo strato di ozono sopra l’URSS. L’Unione Sovietica si accordò così con gli USA perché fosse proibito l’uso dei cambiamenti climatici ambientali. A livello ONU, ciò fu ribadito con la convenzione ENMOD (Environmental Modifications), entrata in vigore il 5 ottobre 1978. Ma pochi anni dopo, negli Stati Uniti, lo scienziato considerato il padre dell’HAARP ideava un sistema volto apertamente a controllare i fenomeni meteo. L’11 agosto 1897 il dott. Bernard Eastlund brevettava con numero di «patente» 4,686,605 il suo «Metodo e apparato per l’alterazione di una regione dell’atmosfera, della ionosfera o della magnetosfera».

Si dice che Eastlund, fisico del MIT si sia ispirato ai lavori del grande genio Nikola Tesla (1856-1943), lo scienziato jugoslavo emigrato in America nel 1884. A Tesla dobbiamo molti ritrovati che resero possibile la diffusione dell’elettricità, soprattutto la corrente alternata trifase (mentre Edison era rimasto arroccato sulla corrente continua). Inoltre aveva tentato di sviluppare un sistema di trasmissione dell’energia via etere, il che avrebbe reso inutili i cavi, nonché un apparecchio per ottenere elettricità gratuita per tutti ricavandola dalle oscillazioni naturali del campo elettrico terrestre. Quando Tesla morì, l’8 gennaio 1943, gli agenti dell’FBI diedero la caccia a tutti i suoi progetti, su cui si favoleggiò a lungo. D’altra parte lo stesso Tesla aveva parlato persino di raggi della morte, efficaci fino a 320 km di distanza.

Non sappiamo esattamente quanto vi sia di Tesla nei progetti del dott. Eastlund e nell’HAARP. Fatto sta che negli anni Novanta Eastlund fondò una sua compagnia, la Eastlund Scientific Enterprise, che fra le attività menzionate sul suo sito web comprende tanto la partecipazione al programma HAARP, quanto l’esplicita ricerca nel campo delle modificazioni meteorologiche. Che dire? Ritornando al libro di Qiao Liang e Wang Xiansui, c’è da rabbrividire alle loro frasi: «Utilizzando metodi che provocano terremoti e modificando le precipitazioni piovose, la temperatura e la composizione atmosferica, il livello del mare e le caratteristiche della luce solare, si danneggia l’ambiente fisico della terra o si crea un’ecologia locale alternativa. Forse, presto, un effetto El Nino creato dall’uomo diverrà una superarma nelle mani di alcune nazioni e/o organizzazioni non-statali».

Via | Mondotech

domenica 20 marzo 2011

Libia/Guerra: Il generale Mini: “La no fly-zone porterà a un’invasione di terra” = Occupazione!

Fabio Mini, già comandante della forza internazionale di pace in Kosovo e Capo di Stato Maggiore NATO in Sud Europ, analizza un possibile intervento delle forze occidentali contro Gheddafi

Il generale Fabio Mini

“E’ probabile che la no-fly zone sulla Libia porti a un’invasione di terra. Di più, la no-fly zone non è un atto militarmente determinante. Può essere imposta per anni su un Paese, senza toccare davvero la sua forza militare”. Il generale Fabio Mini, già comandante della forza internazionale di pace in Kosovo e Capo di Stato Maggiore NATO in Sud Europa, vede pesanti nubi di guerra addensarsi sulla Libia. La no-fly zone, spiega, potrebbe essere l’inizio “di una escalation militare dagli esiti imprevedibili e potenzialmente distruttivi”.
Iniziamo dalla risoluzione 1973 votata dal Consiglio di sicurezza dell’ONU. Che cosa prevede, esattamente? Solo il controllo dello spazio aereo della Libia, o qualcosa di più?
Ci sono due aspetti da considerare. Il primo è che per applicare la no-fly zone bisogna essere comunque in grado di colpire gli obiettivi a terra che sostengono la forza aerea. E quindi le basi aeree, le basi missilistiche, le artiglierie contraeree, i radar, tutta la strumentazione che deve essere messa fuori uso prima di controllare lo spazio aereo. C’è poi il secondo aspetto, quello della risoluzione 1973 votata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU ieri, che non istituisce semplicemente la no-fly zone, ma che dà alla comunità internazionale il diritto di usare tutti i mezzi possibili per proteggere la popolazione civile.
Quindi qualcosa di più della semplice no-fly zone?
Esattamente. La risoluzione dà alla comunità internazionale non soltanto il diritto di presidiare lo spazio aereo, ma anche quello di intervenire ogni volta che la sicurezza dei civili sia messa in pericolo. Questo significa che se le truppe di Gheddafi decidessero di bombardare Bengasi, o qualsiasi altra città, gli eserciti stranieri avrebbero comunque il diritto di bombardare. Con i rischi per i civili che possiamo immaginare. Cosa faremo nel caso Gheddafi e i suoi mercenari decidessero di condurre operazioni militari contro i ribelli e le loro famiglie nelle città riconquistate? Bombarderemo? E le nostre bombe chi colpiranno? In Kosovo abbiamo tranquillamente bombardato obiettivi civili, pensando che fossero militari.
Una no-fly zone ha comunque la possibilità di rivelarsi determinante per fermare le truppe di Gheddafi e bloccare la carneficina?
Assolutamente no. Saddam Hussein ebbe due no-fly zone per ben 12 anni. Per reprimere gli sciiti e i curdi, gli bastò strisciare, non ebbe bisogno dello spazio aereo. Per assurdo, il divieto di volare può aumentare la disposizione di un tiranno sanguinario di fare a terra quello che non può fare dall’aria. E’ successo con Saddam, ma è successo anche con l’operazione Deny Flight in Bosnia-Erzegovina, con il divieto di volo ai serbi. Ciò che non impedì che ci fosse Srebrenica e gli altri massacri.
Da un punto di vista militare, di cosa ha bisogno l’imposizione di una no-fly zone?
Di una marea di cose. Di aerei intercettori che effettuino il pattugliamento, di sorveglianza radar, di aerei per il rifornimento in volo, di AWACS per le operazioni di identificazione degli obiettivi, di un sostegno logistico enorme, di basi avanzate, come quelle di Sigonella, Gioia del Colle, Trapani, e di altre più arretrate, come Aviano. C’è bisogno, nel caso della Libia, di una copertura anche navale. Con i radar delle navi si può controllare il territorio, con i missili delle navi, soprattutto quelli superficie-aria, si può fiaccare la resistenza dell’esercito libico. Ma c’è bisogno soprattutto di una straordinaria coesione politica e diplomatica. Tutti i Paesi intorno alla Libia devono essere coinvolti. La Mauritania, il Ciad, gli altri stati africani che hanno tradizionalmente legami stretti con Gheddafi, e verso cui il rais potrebbe spostare parte della sua forza militare.
Un’ultima domanda, generale Mini. Quale può essere l’esito finale della no-fly zone?
L’occupazione militare. Data l’esperienza passata, non esiste un solo esperimento di no-fly zone che si sia concluso senza ricorrere all’intervento delle truppe di terra. E’ ovvio che sia così. Di solito il Paese cui viene imposta la zona di esclusione aerea continua a massacrare i suoi nemici, a reprimere i civili, a produrre fenomeni migratori. Le forze straniere sono costrette a intensificare gli attacchi. Il passo successivo è la guerra totale, con l’invasione da parte delle truppe di terra. Boots on the ground, scarponi sul terreno, come si dice in gergo. E’ successo in Bosnia, è successo in Kosovo, è successo in Iraq. Ci sarà bisogno di un’ulteriore risoluzione ONU, ma è questo l’esito più probabile.

Il fattoquotidiano

martedì 15 marzo 2011

Il terremoto in Giappone è colpa dell'uomo. Le prove!

Il terremoto che ha colpito il Giappone di magnitudo 8,9 ha provocato un enorme tzunami con onde alte oltre 10 metri e la preoccupante esplosione del reattore N°1 della centrale nucleare di Fukushima. Il sisma è stato uno dei più devastanti negli intimi 150 anni (il più tremendo si verificò nel maggio del 1960 in Cile quando la terra tremò ad un magnitudo 9.3) e ha provocato uno spostamento dell'asse terrestre pari a 10 cm, portando all'aumento della rotazione della terra di un microsecondo (un milionesimo di secondo). Ma cosa sta succedendo al nostro pianeta? Siamo sicuri che sia tutto solo un fattore naturale e che l'uomo non centri nulla?

Tra le mille ipotesi fatte c'è chi sostiene che la causa del terremoto sia di natura umana. E che sia stato proprio l'uomo a causare il sisma. Come? Attraverso i test nucleari.

LE PROVE- Dagli anni 50 Stati Uniti, Russia, Cina e India hanno iniziato ad effettuare test nucleari e forti terremoti, superiori al magnitudo 7.0 della scala Richter, sono succeduti alcuni giorni dopo questi test, sarà solo casualità?

Sappiamo benissimo che la crosta terrestre è in continuo movimento e le placche tettoniche che sfregano le une sulle altre provocano naturalmente vulcani e terremoti ma rimane il dubbio sul perché, tutti i terremoti avvenuti dopo esperimenti nucleari, siano sempre stati a un magnitudo pari o superiore allo 6.0 della scala Richter.

Nel 1974 il Dottor Matsushita, scienziato del National Center of Atmosferic Research, scoprì che dopo questi test nucleari la ionosfera e il campo magnetico terrestre venivano disturbati per un periodo da dieci giorni a due settimane portando addirittura ad oscillazioni dei poli terrestri.
Lo scienziato fu subito messo a tacere dal governo degli Stati Uniti e gli fu impedito di continuare le sue ricerche in merito nascondendo tutte le prove che egli aveva rilevato.

Ecco la tabella con le varie date dei test e i relativi terremoti:

tabella

Ad esempio, il 5 aprile 2009 la Corea del nord lancio il suo primo missile atomico di media gettata, il giorno successivo, il 6 aprile un forte terremoto di magnitudo pari a 5,9 della scala Richter colpì l'Aquila mietendo centinaia di morti.

IL TERREMOTO IN GIAPPONE- Adam Kadmon, l'uomo del Mistero, ci ha parlato già di queste "coincidenze" da molto tempo, ora che abbiamo davanti agli occhi questi dati e questa evidenza crediamo che non ci siano molti dubbi a riguardo. Secondo la sua teoria i potenti stanno cambiando il nostro clima, la nostra terra e stanno distruggendo tutto negando l'evidenza.

Con Affaritaliani

lunedì 14 marzo 2011

Caso Schulz/Ricordo: La figuraccia di Berlusconi al Parlamento europeo

Questo video, tratto dal film di Beppe Cremagnani ed Enrico Deaglio "Quando c'era Silvio", ripropone la famigerata performance di Silvio Berlusconi al parlamento di Strasburgo, il 2 luglio 2003, in occasione della cerimonia di insediamento del semestre italiano di presidenza dell'Unione Europea. Il filmato si apre con l'intervento di Martin Schulz, della Spd tedesca, che sottolinea la sua preoccupazione per la presenza della Lega al governo, chiede a Berlusconi di portare finalmente in porto le leggi sul processo europeo, sul mandato di cattura, sul riconoscimento dei documenti, aggiungendo anche che il presidente del Consiglio italiano siede su quella poltrona solo grazie alle lungaggini burocratiche delle sue vicende giudiziarie. La replica di Berlusconi all'europarlamentare tedesco è, allo stesso tempo, furiosa e penosa, e non si limita alla frase indecente su cui si sono concentrate quasi tutte le cronache: "So che c'è in Italia un produttore che sta girando un film sui campi di concentramento nazisti. La suggerirò per il ruolo di kapò. Lei è perfetto". Più delle parole, però, a colpire sono i gesti e le espressioni di Berlusconi, decisamente nervoso e in difficoltà di fronte a domande "scomode" che in Italia non gli vengono quasi mai rivolte. Come ha riassunto bene lo stesso Schulz, "quando il premier italiano viene contraddetto perde ogni contegno"

domenica 13 marzo 2011

“Sono venuto per servire”, un libro di Loris Mazzetti Don Andrea Gallo

Loris Mazzetti Don Andrea Gallo "Drogati di merda". Così Don saluta i suoi ragazzi che gestiscono l'osteria marinara A' Lanterna in via Milano dove si mangia un pesce da favola. "Solo io li posso chiamare così". Nel saluto c'è tutto l'affetto del mondo per i suoi giovani, per i tanti che sono passati dalla comunità di San Benedetto al Porto, che lui ha aiutato a uscire dal tunnel della droga e del malaffare.

Don lo avevo incontrato altre volte, durante un dibattito o un suo intervento in qualche mia trasmissione. Le sue parole mi hanno sempre affascinato, non sono mai buttate al vento, hanno sempre un senso, ti rimangono dentro, ti fanno pensare.

Quando è stato ospite a Che tempo che fa, mentre Fazio lo intervistava, io ero seduto dietro la scena, seguivo la ripresa attraverso un monitor di servizio, ascoltandolo pensavo: "Peccato che Don sia un prete, se fosse un politico, avremmo trovato il nostro leader". È facile fare il rivoluzionario con il fucile in mano, anche se a volte è inevitabile, soprattutto quando si lotta contro il dittatore o l'usurpatore.

Di Andrea Gallo conosco quasi tutto e mi sono reso conto, studiando la sua vita, che è quella di un grande rivoluzionario non solo per il bene che fa, ma per la forza della sua parola, l'esempio dato dal suo modo di vivere, per la capacità di rendere semplice tutto quello che è complicato.

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“Sono venuto per servire”, un libro di Loris Mazzetti Don Andrea Gallo

Loris Mazzetti Don Andrea Gallo "Drogati di merda". Così Don saluta i suoi ragazzi che gestiscono l'osteria marinara A' Lanterna in via Milano dove si mangia un pesce da favola. "Solo io li posso chiamare così". Nel saluto c'è tutto l'affetto del mondo per i suoi giovani, per i tanti che sono passati dalla comunità di San Benedetto al Porto, che lui ha aiutato a uscire dal tunnel della droga e del malaffare.

Don lo avevo incontrato altre volte, durante un dibattito o un suo intervento in qualche mia trasmissione. Le sue parole mi hanno sempre affascinato, non sono mai buttate al vento, hanno sempre un senso, ti rimangono dentro, ti fanno pensare.

Quando è stato ospite a Che tempo che fa, mentre Fazio lo intervistava, io ero seduto dietro la scena, seguivo la ripresa attraverso un monitor di servizio, ascoltandolo pensavo: "Peccato che Don sia un prete, se fosse un politico, avremmo trovato il nostro leader". È facile fare il rivoluzionario con il fucile in mano, anche se a volte è inevitabile, soprattutto quando si lotta contro il dittatore o l'usurpatore.

Di Andrea Gallo conosco quasi tutto e mi sono reso conto, studiando la sua vita, che è quella di un grande rivoluzionario non solo per il bene che fa, ma per la forza della sua parola, l'esempio dato dal suo modo di vivere, per la capacità di rendere semplice tutto quello che è complicato.

Libano: Imponente manifestazione per il disarmo di Hezbollah

disarmare_l_hezbollah_libano_beirut Beirut - Circa 300mila persone provenienti dalle aree cristiane e sunnite del Paese si sono radunate in piazza dei Martiri a Beirut per dando vita ad una grande manifestazione per chiedere il disarmo del movimento sciita Hezbollah.

Il movimento Hezbollah è accusato di essere al servizio dell’Iran, questo considerando il proprio comportamento politico e militare, ed è implicato nelle varie guerre che il paese ha intrapreso nonché nella morte dell’anteriore Primo ministro Rafīq al-Ḥarīrī.

Al megaraduno, convocato dalla coalizione di governo sostenuta da Stati Uniti e Lega Araba, ha parlato il premier uscente Saad Hariri: “Vogliamo un Libano dove nessuno al di sopra dello Stato abbia il monopolio delle armi”.

martedì 8 marzo 2011

Viterbo: Abusa di una paziente sotto sedativo; Arrestato un infermiere

violenza_contro_paziente_donna_violentata_ospedale L'operatore sanitario, un italiano di 57 anni, ha abusato della donna che si è svegliata mentre subiva la violenza

Viterbo - Un infermiere di 57 anni è stato arrestato dalla polizia a Viterbo per aver abusato in ospedale di una paziente di circa 40 anni mentre era sotto effetto di sedativi. L'uomo, italiano, è stato arrestato in seguito alla denuncia della donna al termine delle indagini della Squadra Mobile. Secondo quanto emerso dagli accertamenti della polizia, l'operatore sanitario ha abusato della donna all'interno di una saletta dove la paziente era stata portata in attesa che si risvegliasse dagli effetti di un farmaco anestetizzante. La paziente si è svegliata mentre subiva la violenza ed è riuscita ad allontanare il suo aggressore. Grazie agli accertamenti della polizia, al racconto della donna e alle testimonianze raccolte, gli agenti della Squadra Mobile hanno arrestato l'infermiere.

Con Agenzie

mercoledì 2 marzo 2011

Iran: Milizie impiccano dieci uomini per narcotraffico

Iran-Milizie impiccano dieci uomini per narcotraffico Teheran - Dieci persone sono state impiccate in Iran, dopo essere state condannate a morte per traffico di stupefacenti. Con queste ultime esecuzioni, sale a ottantanove il numero degli iraniani a cui è stata inflitta la pena capitale nei primi due mesi del 2011. Lo riferiscono fonti ufficiali della Repubblica Islamica.

Secondo il quotidiano "Arman", altri cinque uomini sono stati impiccati oggi nella prigione di Jiroft, e due in quella di Bam (localizzate entrambe nella provincia sud-orientale di Kerman); e ancora, altri tre condannati sono stati impiccati nel carcere di Shiraz, secondo quanto riferito dal sito del dipartimento di Giustizia della provincia meridionale di Fars.

In base a dati ufficiali della Repubblica Islamica, nel corso del 2010 le esecuzioni capitali sono state 179, una notizia smentita da "Human Rights Watch", che parla invece di almeno 388 impiccagioni. Con i ritmi correnti, nel 2011 le esecuzioni capitali potrebbero superare il migliaio.

Con Peace Reporter

martedì 1 marzo 2011

Moda/Luanda: Nadir Tati miglior stilista 2010

Stilista angolana Nadir Tat - ”Reis de África”i Luanda: L'angolano Nadir Tati ha vinto il premio di miglior stilista per l'anno 2010. L'annuncio è stato fatto dagli organizzatori di “Moda Luanda” e il riconoscimento è arrivato dal pubblico e non da una giuria specializzata. Il premio miglior modello e migliore modella sono stati attribuiti a Fredy Coasa e Sharon, mentre Maria Borges è stata incoronata come modella rivelazione.

Nell'ambito di “Moda Luanda” sono stati assegnati anche i premi per il miglior attore e attrice televisivi. La scelta è ricaduta su Borges Matula e Erica Tchissapa, entrambi protagonisti della popolare serie tv “Ma terre Ma Mere”. I migliori presentatori della tv, infine, sono risultati Sergio Rodriguez e Analtina Dias della Televisione pubblica d'Angola.

E24 & Agi