Romano Prodi dialoga con La Repubblica a tutto campo. Parla di crisi del debito, della Merkel e di Sarkò a cui non lesina critiche, di quanto è stato bravo quando governava ma soprattutto dell'euro. Mortadella si dilunga parlando della moneta unica che ha inseguito con tutte le sue forze, fino a che l'Italia è riuscita ad ottenerla. Il grande artefice dell'ingresso del Belpaese nel circuito ormai quasi putrefatto dell'euro, però, a distanza di un decennio ci viene a spiegare che, no, le cose andavano fatte diversamente.
La confessione - Prodi spiega: "Una moneta comune va difesa con strumenti comuni. Occorre che la Bce sia autorizzata a fare il proprio lavoro, come lo fa la Fed (Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Unti, ndr). E occorre che gli eurobond - aggiunge -, garantiti dall'oro delle banche centrali nazionali, consentano non solo di difendere il debito, ma anche di rilanciare gli investimenti, come hanno fatto Cina e Usa nel momento del bisogno". Passi per gli eurobond difficilmente ipotizzabili agli albori dell'euro, ma com'è che adesso il Professore di Bologna ci viene a dire che serviva ben altra regolamentazione per garantire la stabilità (oggi sarebbe meglio dire la sopravvivenza) della moneta unica? Non poteva pensarci prima, quando il Vecchio Continente e con lui l'Italia da lui governata si imbarcavano in un avventura che a breve potrebbe rivelarsi suicida?
"Un progetto incompiuto" - Prodi prende poi atto del fallimento comunitario e aggunge: "Diciamo che siamo di fronte alla necessità di una rifondazione. Dobbiamo prendere atto dell'incompiutezza di quel progetto e portarlo a termine. Del resto anche allora lo andavo dicendo che non si poteva avere una politica monetaria unica senza una politica economica comune. Ma la reazione, di Kohl come di Chirac, fu netta: è meglio rinviare la fase due". Insomma Prodi lo aveva detto ai suoi colleghi che il sistema non avrebbe potuto funzionare, ma ci ha ugualmente condotto dritti dritti verso l'abbraccio asfissiante dell'euro. L'ex premier prosegue sottolinando come "l'Europa è cambiata. E' cominciata l'era della Grande Paura. Paura della globalizzazione. Paura della Cina. Paura del futuro. E la Germania si è fatta paladina di queste paure. Così tutto il processo si è rallentato. E quando è arrivata la tempesta non solo mancavano gli strumenti per affrontarla, ma anche la voglia di uscire dai porticcioli protetti dagli egoismi nazionali".
Badilate su Merkel e Sarkò - Prodi sposta così il mirino e riconosce i demeriti dell'attuale asse franco-tedesco, che sotto la folle guida imposta da Berlino sta conducendo l'Europa verso il tracollo. Prodi spiega che i tanti errori della coppia Angela-Nicolas non sono evitabili "se governano in base ai sondaggi di opinione". Quindi l'autocelebrazione del Mortadella. "Io l'ho fatto: dalle carceri, alla politica di cittadinanza, all'immigrazione. E ne ho pagato il prezzo. Ma non ho rimpianti". Quindi ancora badilate sulla Francia, che "ha voluto contenere da sola la Germania senza averne il peso. Questo direttorio a due - sentenzia Prodi - ha rovinato l'Europa, perché in realtà a comandare è solo la Germania. E Berlino insegue solo il suo interesse immediato" anche se "per la Germania l'uscita dall'euro sarebbe una tragedia mai vista".
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